LA CHIAVE, IL SOGNO E L’ ANIMA

 
 
cavalluccio
 
 

Gli animali hanno sempre avuto una posizione privilegiata nella rappresentazione artistica dell’umanità. L’uomo, infatti, fin dalle origini, ha sentito la necessità di raffigurare con esattezza ciò che gli stava vicino, lo stupiva per la sua bellezza e attraverso caccia e pesca costituiva la sua principale fonte di sostentamento. Già greci, egizi e antichi romani affrontarono la figurazione degli animali con un rigore scientifico e un’attenzione naturalistica prodigiosi. La rappresentazione degli animali nell’arte occidentale inizia dalle origini attraverso i secoli, passando dall’età romana, ai bestiari medievali, quando gli animali entrano prepotentemente nel mondo dell’arte, dalle miniature i capitelli e ai doccioni delle cattedrali, al gotico internazionale con bellissimi disegni di Pisanello, e all’Umanesimo, fino ad arrivare alla figurazione scientifica moderna, quando gli animali costituiscono ormai un classico dell’arte. Una divisione cronologica permette di cogliere l’evolversi della rappresentazione del mondo animale in rapporto alle molteplici culture e concezioni artistiche delle diverse epoche. La grande era delle esplorazioni che seguì il primo viaggio di Cristoforo Colombo attraverso l’Oceano Atlantico nel 1492 aprì gli occhi agli europei sull’esistenza di un vasto numero di specie animali fino ad allora sconosciute. I prodigiosi disegni naturalistico-scientifici di D¸rer e Leonardo e i dipinti sacri del Cinquecento sono i veri precursori dell’illustrazione zoologica moderna che procede di pari passo con il crescere della curiosità per le scienze e la successiva classificazione delle specie allora conosciute a opera di Carlo Linneo e del suo Systema Naturae; anche gli artisti furono convocati per eseguire dettagliate documentazioni. La nascita del romanticismo e specialmente i viaggi e le scoperte scientifiche di Charles Darwin favoriscono enormemente la rappresentazione del mondo animale che entra con il giardino zoologico e il circo nelle abitudini della società moderna. A questi vengono attribuite passioni e lotte che animano il mondo degli uomini. Un percorso originale segna in questo periodo il giapponese Hokusai, che dimostra con i suoi dipinti a china di avere raggiunto una figurazione lenticolare equiparabile a quella scientifica occidentale. Alla fine dell’Ottocento e nel Novecento anche gli animali sono coinvolti negli “ismi” che animano il mondo dell’arte. Con Gauguin, Picasso, Marc, Balla e altri, gli animali continuano a ispirare gli artisti ma vengono dipinti come mai era stato fatto prima. Talora vengono visti come rappresentanti viventi delle forze vitali che muovono tutto il regno naturale, altre volte vengono “dinamizzati”, oppure sintetizzati fino a raggiungere la loro forma essenziale. Il percorso termina con i contemporanei e l’entusiasmante stagione della nuova figurazione italiana e tedesca – con opere di Fetting, Hˆdicke, Polloni, Vitaloni e Boscheri – che dimostra come ancora oggi gli artisti attenti, nella scia della tradizione che li ha preceduti e senza timore di essere confinati nella nicchia  degli “artisti della natura” come se qualche ambito del reale dovesse rimanere escluso dalla rappresentazione contemporanea, continuano a rendere vitale e creativo l’uso delle immagini di animali al passo con l’evoluzione dell’arte. Ed ecco che senza paura Andrea Collesano si schiera con questi artisti non curanti di una loro riconoscibilità o confinata regione di quella che è stata chiamata “arte della natura” oppure la spiacevole sensazione di essere identificati solo per raffigurare animali. Il suo lavoro è avvolto nel fascino del surreale e del fiabesco, i suoi mondi sono fantastici e tralasciano una rappresentazione minima di quella che è la vera realtà, il mondo terreno dei comuni mortali. Immagina e sogna universi paralleli in cui il regno che domina incontrastato è quello animale e per alcuni aspetti senza tempo.

 Galleggiano nell’aria e ogni specie vive in perfetta armonia con le altre e con tutto lo spazio circostante. L’unico colore in Collesano è dato dalla lavorazione sulla carta, una preparazione su cui prenderanno vita queste forme che in fase embrionale sono già presenti nella miriade di macchiette che si formano dopo il processo di invecchiamento applicato al supporto cartaceo. Tratti su tratti che spaziano nelle varie misure delle chine utilizzate, un processo creativo molto lento e minuzioso, un orafo del mondo animale. Non è certamente la sua una figurazione che viene fuori dalla gestualità dell’artista o dall’impulso istintivo della mano sulla carta, al contrario la fermezza del segno e la pignoleria delle sfumature che danno ai nostri occhi quel chiaroscuro che in senso stretto è quello legato all’arte grafica e che trasforma i segni in quell’idea dei volumi, dei materiali, dello spazio. Se nel disegno di Collesano è ben delineata questa assenza di gestualità nella scultura invece l’impronta è ben visibile, le mani dell’artista e la sua forza sono impresse nella materia delle opere. La sua scultura avverte e comunica la minaccia di riduzione dello spazio di vita e il contrarsi dello spazio psicologico con straordinaria immediatezza, e non soltanto nelle sue inflessioni più stravolte e più dolenti, ma in una davvero sorprendente varietà di situazioni, di punti di vista (e di ascolto) che ora esaltano la materia, l’imporsi della fisicità, della corporeità come architettura nello spazio, ora la tensione comunicativa in forti scansioni espressioniste o anche in movimenti intensamente fisici, ora impone l’articolarsi di un gesto che attiva lo spazio/ambiente, ora una luce che sembra intervenire a percorrere, levigare, rastremare le superfici, riducendone la massa, il peso, la “corazza” e guidando la percezione sempre più esplicitamente verso il “core“, il nucleo più interno, segreto, il dentro dell’anima. Nei suoi lavori oggi, l’artista riscopre la lentezza propria della scultura che rimane in sintonia e in perfetta armonia con il disegno. Ogni tanto bisogna fermarsi a riflettere e pensare, Andrea nel suo mondo dei sogni trova l’ispirazione, la fonte infinita a cui ogni notte può attingere per fermare su carta l’indomani quella che è stata una esperienza parallela. Il concetto dell’anima è uno dei fili conduttori della ricerca artistica dell’artista, possiamo identificarlo come le apparenze del mondo quotidiano in cui gli animali sono immersi e diventano i soggetti privilegiati dei disegni e delle sculture: considerati nel rapporto con la condizione esistenziale, con lo spazio vivibile, di relazione, ma ancora di più, o, ancora meglio, con lo spazio interno, psichico, con l’ànemos pulsante intimo, il dentro dell’anima che urge nel corpo, ne tende la superficie espressiva, gli detta il tempo di azione, la stasi riflessiva, la dinamica, il gesto. Una sola sfera esistenziale che dialoga con il dentro e il fuori che si realizza nello spazio grazie al materiale lavorato e impiegato dalle esigenze dell’artista. Infine quella chiave che ritroviamo ma che non vediamo subito, la scopriamo, la troviamo quasi per caso ma non ci sono porte da aprire perché i confini sono caduti, le architetture ridotte all’osso e allora a cosa servirà mai quest’oggetto? Quella chiave può essere l’arma contro il pensiero tradizionale in favore di un mondo del profondo e dell’inconscio, che allarga a dismisura il campo d’indagine sul modo di porsi di fronte alla vita, la magia del sognare. Il Poeta Pierre Reverdy preciserà che “l’immagine è pura creazione dello spirito. Non può nascere da un paragone, ma dall’accostamento di due realtà più o meno distanti. Più i rapporti tra le due realtà accostate saranno lontani e giusti, più l’immagine sarà forte e avrà maggiore potenza e maggiore realtà poetica“.

Enrico Mattei